AgriTradizioni: e se mettessimo a sistema le sagre?
- Fulvio Tocco
- 6 set 2016
- Tempo di lettura: 2 min
Le sagre sono come le chiese, in ogni comune ce né una con tanti avventori

Non c'è prodotto dell’agroalimentare in Sardegna che non diventi protagonista in queste feste che affollano le piazze. Occorre una legge per mettere ordine alle sagre, che muovono interessi, soldi e visitatori
Cagliari,6 set. - Il tema delle sagre ogni tanto emerge, poi scompare dal dialogo istituzionale regionale. Magari la maggior parte di coloro che hanno responsabilità politiche le considera poca cosa. Eppure queste feste a tema specifico, se ben osservate, rappresentano una gigantesca opportunità per valorizzare l’identità e l’economia territoriale in tempo di vacche magre. Non si dice spesso, ma le sagre sono come le chiese, in ogni comune ce né una o più di una. Sono innervate su tutto il tessuto territoriale isolano. Molti comuni addirittura ne hanno fatto una loro ritratto: “La Sagra della Lumaca”.
Rappresentano un mercato meraviglioso che purtroppo, per ragioni di campanile e di cultura, non riusciamo a cogliere completamente. Però esse sono incomparabili e operano da sempre, incontrastate, per la loro strada. Sono ben radicate e raccontano la tradizione di un popolo. Fanno mercato. Un mercato che si ripete in tutti i mesi dell’anno per uno o più giorni la settimana. L’ultima che ho conosciuto è stata quella del “Fico d’india di Dualchi (NU)”. Hanno messo in mostra, ed approfondito in un convegno, un prodotto che i siciliani stanno valorizzando al massimo livello. Ma il fico d’india va anche da noi. Si tratta di farne emergere il suo magnifico potenziale produttivo e commerciale. Le massaie di Dualchi l’hanno presentato in mille modi sotto forma di dolci, marmellate e liquori.
Tempo fa mi occupai delle “Giornate di AgriCultura” del Medio Campidano e devo dire che messe a sistema assolvevano ad una encomiabile funzione socio economica e culturale. In quel sistema, mutuato, dal successo delle storiche Sagre del Carciofo, dello Zafferano, e delle Olive, riprendevano fiato le Sagre del Melone in asciutto, dei Legumi, della Capra, della Pecora nera, de su Pai arrubiu, della Mandorla ed altre ancora. I Sindaci e le Proloco assolvevano ad una funzione straordinaria: in ogni sagra una convegno tecnico scientifico e culturale; gli attestati di partecipazione o le gratificazioni non venivano fatti con le solite targhe e coppe d’importazione ma con Ceramiche o Arresojas dei nostri artigiani. In sostanza le sagre davano una mano importante all’economia locale. Quell’esperienza non va dispersa!
Occorre un progetto di legge per mettere ordine alle sagre, che muovono interessi, soldi e tanti visitatori. La Sardegna, in un epoca di competizione globale, deve puntare gli occhi sulla gestione strategica di queste sagre per renderle identitarie, oltre a ciò che si offre ai visitatori, anche sul fronte della spesa che occorre per organizzarle. Le sagre fanno marchio. Di conseguenza vanno disciplinare per potersi chiamare tali. La Sardegna, su questo tema, manca di una reale gestione strategica orientata al medio lungo termine: si opera prevalentemente con un’ottica limitata al brevissimo termine, resa spesso ancora più fragile dalla tendenza, per ogni nuova Amministrazione, a smontare, ciò che la precedente ha costruito, in un contesto di contrapposizione su tutto. Si tratta dell’effetto negativo causato dall’assenza di strumenti adeguati che riflettano una visione del futuro tradotta in obiettivi concreti.
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