Agroalimentare: proviamo a leggere i consumi e non solo le statistiche
- Fulvio Tocco
- 7 set 2016
- Tempo di lettura: 3 min

Cagliari, 7 set. Ho letto le considerazioni del Professor Giuseppe Pulina, docente di Agraria, riportate recentemente dalla Nuova Sardegna. Nell’articolo dice: "Non è vero che l’isola importa l’80% di ciò che ogni giorno compare sulle nostre tavole". Il suo ragionamento è interessante e visto con i dati ufficiali ha la sua validità. Però ritengo che il professore, in questo caso, sia stato molto ottimista. Ma concordo con lui quando riporta la celebre frase di un noto studioso
Dopo tanti anni di esperienze compiute in campo agricolo ho accresciuto la quantità delle informazioni su
temi di estrema importanza ed attualità per la nostra isola che mi suggerisce prudenza
nel valutare le statistiche. Ho acquisito così una situazione di accumulo di valutazioni
dei problemi, di possibili soluzioni e, più in generale di informazioni d’interesse generale
che mi portano a dire che la Sardegna, in un epoca di Globalizzazione deve produrre
molto di più per non essere cancellata dai mercati esterni.
Chiaramente l’auspicio è chequesta sommessa riflessione possa produrre valutazioni trasversali per la Sardegna nel rispetto delle opinioni individuali. Premesso che le entrate delle pensioni dei sardi
ammontano a circa 4,4 miliardi euro l’anno e chi lavora non riesce a restituire neanche
il 40% in contribuzione previdenziale significa che la Sardegna, se non inverte la sua
tendenza produttiva, è destinata a dipendere soprattutto da Roma e non dalle sue
attività produttive. Così Roma sarà autorizzata a cambiare le regole costituzionali ed
avocherà a se le decisioni sull’uso del territorio sardo togliendoci ulteriori fette di
sovranità. Sul fronte della dipendenza alimentare vegetale basta fare una visitina, alle 4
del mattino al mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Sestu, come mi è capitato di fare, e
la pagina delle importazioni dei vegetali freschi che arrivano in Sardegna è
impietosamente scritta. Siamo inondati dai prodotti d’importazione. Se poi diamo uno
sguardo ai porti dove arrivano le piantine dai vivai nazionali e la legna da ardere si può
leggere il racconto del deficit di governabilità della Sardegna. Parlo solo di due forniture
che possono essere prodotte in casa senza difficoltà alcuna. Sulla vivaistica frutticola
addirittura eravamo una super eccellenza e l’abbiamo beffardamente cancellata a danno
della sicurezza del materiale vegetale, delle imprese agricole, del lavoro e
dell’occupazione.
Ora dipendiamo anche su questo versante strategico. Il 40% circa della
Plv sarda si fonda sulla zootecnia che a sua volta produce latte, formaggio e carne. Si
consumerà ovviamente un eccellente prodotto sardo, è vero, ma la proteina vegetale
per ottenere quel latte, quel formaggio e quella carne è sarda oppure no? Un dato è
certo che le leguminose prima occupavano lo 0,17% della SAU isolana, salite allo 0, 24%
col virtuoso progetto Vivere la Campagna, e ora sono scomparse persino dalle statistiche
di rilevamento. Eppure l’UE ha raccomandato gli Stati membri ad usare il 2% delle sue
risorse per incentivare la coltivazione delle leguminose per fronteggiare le importazioni.
Dipendiamo o non dipendiamo anche per la carne e per i legumi dai mercati esterni?
Questo la statistica non dice. Per la carne di maiale, vorrei ricordare, che alla pari del
pesce, secondo uno studio di Laore importiamo l’82% di quella che consumiamo. E’ vero
i continui progressi scientifici e tecnologici hanno progressivamente ridotto il peso delle
distanze fisiche.
Con l’evento della Globalizzazione la realtà si è trasformata. Oramai
viviamo in mare aperto. Si moltiplicano le opportunità ma crescono inesorabilmente le
difficoltà. E se in questo mercato non ci infiliamo secondo le potenzialità qualitative
della nostra isola rimarremo spremuti e calpestati, prossimi ad un ulteriore
spopolamento, e a poco servirebbe ripetere: "Non è vero che l’isola importa l’80% di ciò
che ogni giorno compare sulle nostre tavole". Ogni tanto si facciano anche delle
osservazioni empiriche, sono più umane, veloci e reali. Nella globalizzazione,
ovviamente, cresce la competizione tra sistemi territoriali e il territorio è una risorsa da
riconsiderare con urgenza e attenzione.
La competizione richiede un’efficace strategia competitiva in termini di visione del futuro. Per valutare l’ammontare delle importazioni, basta metterci un’oretta nelle vicinanze delle casse di un qualsiasi negozio
della grande distribuzione e, il dato che ci interessa arriverà da solo. Se non
interverremo nello stimolare la coltivazione delle campagne di pianura, di collina e di
montagna con dei Piani straordinari, in affiancamento a quelli ordinari esistenti, il
futuro della nostra isola sarà ancora più grigio e la statistica ci ricorderà il dato più
veritiero: il deficit di governabilità.
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