Alimenti: Le farine di grano e le mandorle non sono tutte uguali
- agricolturaquotidi
- 2 ott 2016
- Tempo di lettura: 2 min
Fare la spesa da chi metterà in vetrina la dichiarazione di provenienza delle materie prime utilizzate

Mangiare ciò che si conosce fa bene alla salute, all’economia e all’ambiente
Cagliari, 2 ott. Valorizzare nelle scelte di acquisto quotidiano i cibi prodotti con materie prime nostrane ormai è un dovere di tutti. Solo un cambio di stile di spesa può modificare le sorti della condizione socio economica isolana. Per troppo tempo abbiamo chiuso gli occhi rispetto a ciò che le grandi marche ci affibbiavano. Quante prese in giro con la questione dei “grani di forza”. Solo con quelli si poteva pastificare dicevano. Poi la ricerca ha detto altro! Oggi salta fuori che “Il grano canadese che arriva in Europa è un rifiuto speciale che finisce sulle nostre tavole”. Lo racconta il noto micologo pugliese, Andrea Di Benedetto, che, da anni, si occupa dei problemi del grano duro e di micotossine.
La stessa problematica è rappresentata dal mercato delle mandorle. Il dominio della produzione americana, fondato su quantità e inizialmente a prezzi bassi, anche se a scapito della qualità, ha determinato una marginalizzazione dell’utilizzo della mandorla italiana nei settori tradizionali, con conseguenze gravissime sia per i produttori agricoli che per le piccole e medie aziende di lavorazione e commercializzazione del prodotto nazionale. Queste ultime, in molti casi, hanno cambiato strategia diventando importatori e commercianti di mandorla californiana e spagnola, che viene spesso spacciata per mandorla di origine siciliana o pugliese. Lo dice uno studio del Ministero dell’Agricoltura. Nella GDO le grandi aziende italiane di importazione e commercializzazione di frutta secca per ragioni di prezzo e volumi, hanno incrementato soltanto l’offerta di prodotti di provenienza straniera. Di fronte a questo devastante scenario delle farine e delle mandorle, l’unica reale arma a disposizione delle produzioni nostrane è l’indiscussa qualità, legata alla tradizione produttiva, alle tecniche di raccolta, alle condizioni pedoclimatiche.
Con un clima come il nostro, si sa, non si può eccedere in presidi sanitari e in concimi chimici. Di questo deve essere consapevole il consumatore. La produzione del nostro Paese è, infatti, unanimemente riconosciuta superiore alla produzione straniera, senza parlare dei rischi per la salute connessi agli alti livelli di micotossine aflatossine riscontrati nella mandorla californiana e nelle farine canadesi, su cui la Commissione Europea aveva acceso i riflettori nell’Agosto 2007. Le fortissime pressioni delle lobby degli importatori europei hanno costretto la C.E. a fare retromarcia nel febbraio del 2010, con una decisione sconcertante, a cui si è opposta solo l’Italia, che ha autorizzato un considerevole innalzamento dei livelli di tolleranza di aflatossine nelle mandorle provenienti dalla California.
L’opinione pubblica ha il dovere d’incidere sui trasformatori per far emergere che le farine e le mandorle non sono tutte uguali e che la qualità e salubrità dei prodotti trasformati italiani (paste pane, dolci, gelati, semilavorati, ecc.) dipende in primo luogo dalle materie prime utilizzate. Ecco perché la spesa va fatta da chi metterà in bella mostra non solo i prodotti ma anche una chiara dichiarazione d’origine delle materie prime utilizzate.
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