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LegaCoop Sardegna: no allo scippo del pecorino Dop dai pastori del Lazio, il Romano è nostro

  • Red.
  • 24 nov 2016
  • Tempo di lettura: 10 min

Foto da: http://www.pecorinoromano.com/it/

Cagliari,24 nov.2016 – Il presidente Legacoop Sardegna Claudio Atzori lancia la difesa del Pecorino Romano dall’attacco di Coldiretti Lazio e del suo direttore, Aldo Mattia, che per un decenni ha diretto Coldiretti Sardegna e retto una Federazione provinciale sarda, e scrive al Presidente della Regione sarda, Francesco Pigliaru, ai parlamentari sardi e Consiglieri regionali per difendere il pecorino romano e del suo ente di tutela, il Consorzio per il pecorino romano “coni sede a Macomer casa comune per la tutela del “Pecorino romano”, di tutta la produzione e trasformazione nazionale allo stesso associata, di cui la stragrande maggioranza sarda”.

LegaCoop allega alcuni articoli (sotto riportati) di testate giornalistiche del Lazio in merito alla vicenda: chiaro il tentativo di scippare alla Sardegna il brand, il marchio che funziona, quello per cui noi sardi abbiamo combattuto battaglie storiche, conquistando il mercato mondiale con la bontà, la genuinità del nostro latte e con la passione,i sacrifici e la tenacia dei nostri pastori. Certo, sarebbe stato molto meglio per noi sardi la denominazione “Pecorino Sardo”, ma visto che l’abbiamo fatto per i romani fin dai tempi di Cesare e dell'impero, ha preso quel nome 'Pecorino Romano', che non ci piace, ma ce lo teniamo. Lo produciamo noi sardi il 97% di quel formaggio, pagato bene o male che sia, ed è nostro! Sottoscrivendo per intero il grido d’allarme di LegaCoop, pubblichiamo il testo integrale della lettera-appello e aggiungiamo: “Giù le mani dal Pecorino Romano Sardo”. E basta anche con le colonizzazioni romane di direttori romani che vengono in Sardegna a comandare come Aldo Mattia. (Red.)

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Ecco il testo integrale della Lettera di Atzori:

Con la presente lettera, a nome di Legacoop Sardegna, si chiede al Presidente Pigliaru, all’Assessore Falchi, agli Onorevoli e ai Senatori eletti nella circoscrizione della Sardegna e agli Onorevoli del Consiglio regionale della Sardegna, un intervento immediato contro l’attacco che, Coldiretti Lazio, assieme al Presidente, all’Assessore all’Agricoltura della Regione Lazio ed ora (a quanto ci è stato comunicato, ma non abbiamo ancora in mano l’atto) anche ad alcuni Parlamentari laziali, stanno portando verso la pastorizia sarda tutta, dalla produzione alla trasformazione, colpendo il suo prodotto principale il Pecorino romano e il suo ente di tutela il “Consorzio di tutela del Pecorino romano”, con sede a Macomer (casa comune per la tutela del “Pecorino romano”, di tutta la produzione e trasformazione nazionale allo stesso associata, di cui la stragrande maggioranza sarda).

Spaventa il silenzio dei nostri rappresentanti politici, così come l’assenza della notizia su tutti gli organi d’informazione sarda. Tutto il comparto Ovino sardo e la sua produzione di Pecorino romano, prodotto che occupa la stragrande maggioranza della trasformazione ovina in Sardegna, così come la sua tutela, vengono messi a rischio da una campagna oltraggiosa di Coldiretti laziale e dei politici locali. Basta guardare la rassegna stampa dei giornali del Lazio e di quelli nazionali, dove si evince cosa sta succedendo (vedi fine lettera).

Si vuole mettere in discussione la titolarità della “DOP Pecorino Romano”, quasi che spetti solo ai produttori laziali il titolo di romano. Si attacca il Consorzio di Tutela e la sua sede a Macomer, quasi fosse una cosa strana (solo 3 aziende laziali trasformano romano e in piccole quantità rispetto a quello trasformato in Sardegna). Coldiretti sta sostenendo la richiesta di una nuova DOP da chiamare “Cacio romano”, che già di per se (con il termine “romano”) genera confusione sui mercati a discapito della DOP “Pecorino romano”. Omettono di dire che già da ora, anzi dal 2009, possono e potevano mettere la dicitura “Pecorino Romano prodotto nel Lazio”, e lo fanno perché il vero obiettivo è quello di togliere la denominazione e l’utilizzo del marchio Pecorino romano ai produttori sardi.

Ci attendiamo, e lo auspichiamo, anche una presa di posizione forte da parte di Coldiretti Sardegna, del suo Presidente Cualbu e del suo Direttore Saba. Rispetto a questi ultimi, viste le dichiarazioni dei giorni scorsi anche contro Legacoop , che solo ora possiamo giustificare come un tentativo di spostare l’attenzione su altro, ci preme rispedire al mittente le accuse mosse. Dopo 8 mesi, utilizzano un documento “riservato”, inviato all’attenzione del Presidente della Giunta Francesco Pigliaru(dove si evidenziavano le problematiche del settore e si prospettavano alcune possibili soluzioni) estrapolando male i dati, e confondendo (!!!) latte con formaggio, per accusarci di aver buttato giù il prezzo del Latte. Appare strano, che solo ora quel documento (ripeto, commentato in maniera strumentale), sia oggetto di conoscenza e di discussione e se lo considerano ancora “segreto” (così come lo chiamano ancora oggi) non si capisce come abbia potuto influenzare il prezzo di mercato se non lo conoscevano nemmeno loro.

Fa strano pensare che Coldiretti non sappia ancora che nelle Cooperative i Produttori del latte sono i Soci delle stesse (eppure ha messo su, da qualche anno, una Centrale di Cooperative chiamata UECOOP), così come fa ancora più strano pensare che per Coldiretti i soci delle Cooperative siano gente che vuole farsi male da sola deprezzando il proprio prodotto …..che si chiama LATTE e FORMAGGIO. Nulla dice il Direttore di Coldiretti Luca Saba, del fatto che fino ad Aprile 2016 era Consigliere di Amministrazione del Banco di Sardegna e che lo stesso Banco di Sardegna, titolare della stragrande maggioranza del credito sulle anticipazioni delle campagne, a dicembre 2015 (con lui in carica, e 4 mesi prima della nostra “incriminata” lettera “riservata”), quando il Pecorino romano strappava sul mercato un prezzo superiore ai 9,60 euro al chilo, abbia deciso di svalutare le previsioni del prezzo del Pecorino romano a 8,00 euro, che determina automaticamente un valore del latte a litro pari a 0,80 centesimi e, visto che la banca finanzia il 70% una possibilità di anticipazione al pastore (per noi anche socio), di 0,56 centesimi a litro.

Lo ringraziamo della considerazione che può avere nei nostri confronti, ma è chiaro che le decisioni della Banca da lui amministrata, possano influenzare maggiormente il prezzo del Latte rispetto ad una lettera “riservata” ad un Presidente di Regione. Sia ben chiaro che, per quanto ci riguarda, non assegniamo colpe a nessuno, Banco di Sardegna compreso, che anzi, ed oggi ancora di più, è in prima linea con l’intero (o quasi) comparto ovino, per aiutarlo a risolvere la crisi.

Guarda caso, oggi quei numeri (50 centesimi a litro, diventati 80 solo 10 giorni dopo), sono stati messi sulla stampa dal Direttore di Coldiretti (Ripeto, Consigliere del Banco di Sardegnain quel periodo), attribuendo la colpa alla Cooperazione e agli Industriali, mentre non dice quello che non ha fatto lui.

Noi non accusiamo nessuno, non è nel nostro stile, Banche comprese, con le quali, e con anche la Regione Sardegna, grazie anche a quella lettera e a quell’incontro richiamato (in maniera strumentale), si sono messe in campo una serie di azioni (GARANZIA del credito dei produttori di latte ovino per 7 milioni - DEPOSITO CAUZIONALE del Pecorino romano in eccesso,per diminuire il prodotto sul mercato e far aumentare il prezzo – POSTICIPAZIONE PAGAMENTO VECCHIA CAMPAGNA di un anno e PAGAMENTO PIENO di quella attuale). Ancora una volta c’è chi urla e accusa (oltre che insultare) gli altri, e chi invece, lavora ogni giorno per i Produttori di Latte e Trasformatori del loro prodotto in Formaggio.

Detto questo, che era doveroso visti gli attacchi subiti, almeno per ripristinare l’informazione corretta, questo è un momento troppo importante, visto l’attacco ricevuto da Coldiretti Lazio e dai politici laziali, alla pastorizia sarda, al suo prodotto principe il Pecorino romano e al Consorzio di tutela dello stesso, dove serve lo sforzo di tutti (Coldiretti sarda compresa), a convergere in una battaglia comune per difendere la “DOP Pecorino romano” e quindi i 12.000 pastori sardi e le loro Cooperative di trasformazione e la trasformazione degli industriali.

Ci sarà altro tempo per commentare il prezzo del latte, ma vogliamo tranquillizzare tutti che sarà ben al di sopra dei prezzi paventati da Coldiretti. Saranno chiari a tutti, visto che ancora oggi qualcuno omette di dire che la Cooperazione sarda ha pagato il latte ad una media di 1,28 centesimi a litro (con punte di 1,45), mentre altri suggerivano come prezzo congruo 1,10 centesimi facendo firmare i pastori ad una cifra troppo al di sotto rispetto al reale valore del latte (visto che il Pecorino romano strappava un prezzo sul mercato con punte fino a 9,60 al chilo).

Serve una battaglia comune, chiediamo a tutti di condividerla e al Presidente Pigliaru di convocare gli stati generali del comparto ovino sardo, in un incontro pubblico, chiamando Produttori, Trasformatori, Cooperative (che ripeto sono produttori e trasformatori), le relative rappresentanze, l’Assessore regionale all’Agricoltura, i Parlamentari sardi e i Consiglieri regionali, tutti insieme a tutela della Pastorizia sarda (e non solo).

ECCO COSA SCRIVONO I GIORNALI DEL LAZIO

Ecco solo alcuni dei tanti articoli e delle dichiarazioni presenti nei giornali nazionali e in quelli laziali (ci risulta che ci siano anche interrogazioni di parlamentari del Lazio al Ministro che ci riserviamo di acquisire):

Si chiama «Pecorino romano Dop» eppure viene prodotto per il 97% in Sardegna. Non solo, può sembrare una banalità ma è quantomeno curioso che la sede del Consorzio del pecorino romano si trovi a Macomer, in provincia di Nuoro. «Una volta era a Roma», dicono dal Consorzio, che su tutto il resto della vicenda si trincera dietro un «no comment». Perché ormai si sta consumando una vera e propria battaglia tra il Lazio e la Sardegna con la Coldiretti regionale che chiede al Ministro delle politiche agricole di istituire la nuova Dop del cacio romano. Se la richiesta passasse si avrebbero a questo punto due dop di pecorino, una sarda e una romana. «Ma almeno – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – avremmo finalmente una filiera autenticamente nostrana e autonoma dalla produzione sarda».

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Martedì prossimo mille pastori, con le loro pecore, invaderanno la Capitale per denunciare le difficoltà del comparto produttivo laziale del Pecorino Romano penalizzato da una politica di filiera pesantemente influenzata dai poteri forti, ma anche per sollecitare il Consorzio di Tutela della Dop a prestare più attenzione nei confronti degli allevatori, in particolare di quelli romani e laziali relegati ai margini del circuito produttivo dallo schiacciante predominio sardo.

“Martedì saremo in piazza, al Foro di Traiano, per aprire una vertenza sindacale che ripristini equilibrio nei rapporti interni alla filiera e – spiega il presidente della Coldiretti del Lazio, David Granieri – introduca equità nella gestione degli interessi economici dei due distinti, ma complementari, sistemi produttivi regionali del Lazio e della Sardegna”. A ottobre i carabinieri del Nac (Nucleo anticontraffazione) sequestrarono presso un caseificio della Capitale 500 caciotte (per un totale di 10 quintali) soltanto perché recavano in etichetta la dicitura Romano che, stando alla tesi del Consorzio di Tutela, smontata dal ricorso presentato dalla Coldiretti, rischiava di pregiudicare la reputazione del Pecorino Dop, ingenerando confusione tra i consumatori. Ma la battaglia sindacale è altro che chiusa. “Non rinunceremo mai – puntualizza Aldo Mattia, direttore della Coldiretti del Lazio – al marchio Romano, che ci appartiene per storia e per territorio. Martedì chiederemo al Mipaaf di istituire, come da nostra richiesta già esplicitata in un dossier, la nuova Dop del Cacio Romano e chiederemo al Consorzio di Tutela di valorizzare la filiera laziale del Pecorino attraverso la introduzione di un sottomarchio che permetta al nostro prodotto di essere venduto sui mercati con la dicitura Pecorino Dop Laziale, per potersi così distinguere chiaramente da quello prodotto in Sardegna che oggi monopolizza le vendite”.

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Sono scesi in piazza in difesa del pecorino romano Dop. Sono i pastori di Roma e del Lazio che hanno presentano le loro proposte per promuovere e valorizzare un prodotto di qualità, come il formaggio pecorino. Per la manifestazione la Coldiretti Roma Lazio ha scelto il Foro di Traiano.

LE MOTIVAZIONI DELLA PROTESTA – Mille i pastori che insieme alle pecore hanno invaso la città nella mattina di martedì. Due le motivazioni alla base della protesta. In primis le difficoltà del comparto produttivo laziale del Pecorino Romano penalizzato da una politica di filiera influenzata dai poteri forti. La seconda motivazione, invece, è quella di sollecitare il Consorzio di Tutela della Dop a prestare più attenzione nei confronti degli allevatori, in particolare di quelli romani e laziali relegati ai margini del circuito produttivo dallo schiacciante predominio sardo.

COLDIRETTI - A spiegare le motivazioni alla base della protesta è David Granieri, presidente della Coldiretti del Lazio: "Martedì saremo in piazza per aprire una vertenza sindacale che ripristini equilibrio nei rapporti interni alla filiera e introduca equità nella gestione degli interessi economici dei due distinti, ma complementari, sistemi produttivi regionali del Lazio e della Sardegna". "Non rinunceremo mai - puntualizza Aldo Mattia, direttore della Coldiretti del Lazio - al marchio Romano, che ci appartiene per storia e per territorio. Martedì chiederemo al Mipaaf di istituire, come da nostra richiesta già esplicitata in un dossier, la nuova Dop del Cacio Romano e chiederemo al Consorzio di Tutela di valorizzare la filiera laziale del Pecorino attraverso la introduzione di un sottomarchio che permetta al nostro prodotto di essere venduto sui mercati con la dicitura Pecorino Dop Laziale, per potersi così distinguere chiaramente da quello prodotto in Sardegna che oggi monopolizza le vendite".

IL CASO – A ottobre i carabinieri del Nac (Nucleo anticontraffazione) hanno sequestrato in un caseificio di Roma 500 caciotte, quindi, 10 quintali, perché recavano la dicitura Romano sull’etichetta che, stando alla tesi del Consorzio di Tutela, smontata dal ricorso presentato dalla Coldiretti, rischiava di pregiudicare la reputazione del Pecorino Dop, ingenerando confusione tra i consumatori.

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In piazza, al Foro di Traiano, la guerra d’indipendenza dei pastori romani e laziali che rivendicano l’originalità e la diversità del loro pecorino da quello prodotto in Sardegna, che di fatto oggi monopolizza la produzione Dop del pregiato formaggio.

In piazza, al Foro di Traiano, la guerra d’indipendenza dei pastori romani e laziali che rivendicano l’originalità e la diversità del loro pecorino da quello prodotto in Sardegna, che di fatto oggi monopolizza la produzione Dop del pregiato formaggio.

Nel cuore della Capitale sono arrivati questa mattina allevatori e trasformatori da tutta la regione. Hanno manifestato per ottenere una politica di filiera che differenzi sul mercato la produzione laziale da quella sarda.

“Chiediamo al Consorzio di Tutela del pecorino romano Dop – ha detto David Granieri, presidente della Coldiretti del Lazio – di introdurre un nuovo marchio di riconoscimento che indentifichie valorizzi il pecorino prodotto a Roma e nel Lazio e di aprire proprio qui, a Roma, una sede del Consorzio (la sola finora esistente si trova in Sardegna) per gestire la filiera laziale in piena autonomia da quella isolana. Infine siamo in attesa che il ministero delle politiche agricole istituisca comunque anche la nuova Dop del Cacio Romano che abbiamo richiesto – ha aggiunto Granieri – per valorizzare adeguatamente tutta la produzione laziale che oggi non confluisce nella Dop del pecorino”.

In piazza, per sostenere le rivendicazioni degli allevatori romani e laziali, c’erano anche il presidente del consiglio comunale di Roma, l’assessore regionale all’agricoltura e il presidente del Lazio. “Siamo al vostro fianco a difesa della identità di un prodotto che ci appartiene per storia. Non accetteremo mai – ha detto Nicola Zingaretti – politiche che possano distruggere l’economia della nostra regione. È inammissibile che dietro l’aggettivo Romano ci siano tutti tranne quelli che il pecorino lo hanno inventato.

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