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Il fico d’India avrà un futuro in Sardegna?

  • Fulvio Tocco
  • 10 gen 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Nel Medio Campidano i pionieri del fico d’India da reddito stanno a Villacidro, Serrenti e Sardara

Cagliari,10 gen. - Tra i contadini anziani il Fico d’India è stato sempre considerato molto importante, si mangiava nei periodi di carestia, si allevavano i maiali, si faceva la sapa per i dolci, ma sempre considerato un frutto secondario rispetto alle altre colture agrarie. Quando non esisteva la rete metallica che conosciamo, la Pianta del Fico d’India, veniva utilizzata per delimitare i confini tra le proprietà terriere, ma mai come pianta da reddito principale. Col clima che cambia e con la necessità di creare ricchezza anche dai terreni marginali e dai reliquati, i contadini più lungimiranti stanno studiando gli impieghi possibili del frutto per valutare la possibilità di introdurla nei progetti di diversificazione produttiva aziendale. Tra l’altro può rappresentare una soluzione per il riuso delle terre incolte. La piaga dell’emigrazione si può fronteggiare partendo proprio dalla riconsiderazione del territorio, sfruttando la vocazione delle campagne, come entità produttiva.

A San Cono, in una zona della Sicilia, per esempio, ci son riusciti, noi ci dobbiamo provare! Oggi solo questo paese coltiva oltre la metà dell’intera produzione ficodindicola italiana, superando perfino il Messico da dove è stato prelevato dagli europei subito dopo la scoperta delle Americhe. Un risultato ambizioso perché i cittadini di San Cono hanno saputo utilizzare e valorizzare economicamente un frutto che, se per un verso ha rappresentato il colore e il simbolo della Sicilia, per l’altro non ha attirato interessi commerciali in grado di produrre ricchezza in altre zone altrettanto vocate. Ora quel Fico d'India ha pure ottenuto il marchio DOP, con cui si intende proprio premiare e, soprattutto, proteggere la specifica produzione, mentre noi sardi, salvo l’eccezione del comune di Dualchi (NU), siamo rimasti a guardare pur avendo un clima invidiabile per la coltivazione di questa virtuosa cactacea. Ora che dei frutti del ficodindia si stanno decantando le sue proprietà benefiche dappertutto, si scopre, che alcuni agricoltori del Medio Campidano l’hanno introdotto (con discrezione) in forma specializzata per diversificare ed ampliare la loro offerta produttiva.

C’è chi lo valorizza come frutta fresca e c’è chi lo trasforma in sapa o altre confetture. Gli impianti dei pionieri si trovano a Serrenti (proprietà di Medda Alfredo); a Villacidro (proprietà di Giuseppe Podda, noto Peppe); a Sardara (proprietà Gian Battista Atzeni) assai conosciuto per aver selezionato nel tempo alcune varietà di leguminose da gastronomia. Fulvio Tocco gen.

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