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Latte: Pili, il Governo prepara il grande scippo del pecorino romano

  • Red.
  • 4 feb 2017
  • Tempo di lettura: 3 min

Cagliari, 4 feb. - “Un vero e proprio agguato al Pecorino Romano. Un maldestro tentativo di scippare la denominazione protetta al pecorino prodotto per il 95% in Sardegna a favore di lobby romane direttamente collegate al ministro e al suo entourage". Lo ha riferito il deputato sardo di Unidos Mauro Pili dopo il faccia a faccia con il governo tenutosi ieri a Montecitorio in occasione della risposta all’interpellanza urgente sulla crisi del comparto agropastorale della Sardegna.

"Un’operazione che immetterebbe sul mercato un prodotto con lo stesso nome del pecorino in contrasto con tutte le norme vigenti nazionali ed europee. Un atto che minerebbe alla radice la stessa esistenza sul mercato del “pecorino romano” che si troverebbe un prodotto teso ad usurpare mercato e produzioni. Un colpo letale per la già grave situazione del comparto. Il ministero dell’agricoltura - dice Pili -, con il grave silenzio delle istituzioni sarde,  si appresta, infatti, al riconoscimento del nome «Cacio romano», come denominazione di origine protetta del nome. La richiesta di riconoscimento in tal senso presentata dalla Copal, suffragata dal parere positivo espresso della regione Lazio è all’esame del ministro che sottobanco e con mezze frasi pronunciate ieri alla Camera si prepara ad accoglierla. La risposta data ieri alla camera dei deputati alla mia interpellanza conferma che l’operazione di usurpazione e uso illecito del marchio “Cacio Romano” è in piena evoluzione. Il ministro non solo non ha respinto, come sarebbe stato necessario sul piano amministrativo e giuridico, quella domanda di riconoscimento ma lascia aperti ampi illegittimi varchi per il suo accoglimento. E’ fin troppo evidente che le pressioni delle lobby romane e di un’organizzazione di categoria regionale laziale e nazionale stanno mettendo in campo un’azione concentrica per il grande scippo.

“Si tratta di una vera e propria aggressione confermata dal fatto che il ministro ha scaricato sul ministero dello sviluppo economico la responsabilità sulla registrazione del brevetto e del marchio individuale “Cacio Romano”. Se il ministro avesse svolto la sua funzione di tutore, prevista dalle norme, - aggiunge Pili - avrebbe prima impugnato la registrazione illegittima del marchio individuale al ministero dello sviluppo economico, avvenuta senza il previsto parere del ministero dell’agricoltura, e poi avrebbe rigettato senza se e senza ma la richiesta di registrazione della stessa Dop del “cacio Romano””.

“Se quella che invoca il Ministro Martina è la massima tutela del pecorino romano – ha detto ieri Pili in aula a Montecitorio - significa che siamo nella stesse condizioni di una volpe a guardia di un pollaio: non penso che le povere galline si sentirebbero tranquille con la volpe alla loro guardia. Lo stesso vale per il ministro Martina messo alla guardia del pecorino romano. La risposta del ministro lascia intendere che non conosca oppure, più probabile, voglia ignorare le più elementari regole che sovraintendono lo strumento della tutela del pecorino romano di origine protetta, risalente alla Convenzione di Stresa del 1951 la quale dice: i Governi, e quindi il Governo italiano, “sono obbligati a vietare e a reprimere sul loro territorio, nelle lingue del Paese o in lingua straniera, l'uso di designazioni d'origine, denominazioni, indicazioni contrarie a siffatte norme. Questo impegno concerne qualsiasi indicazione non veritiera circa l'origine, la specie, la natura o le qualità specifiche dei formaggi”. È, dunque, vietato!”

“Per quale motivo il Ministro non ha rigettato quella richiesta di registrazione della Dop? Perché ci sono interessi che stanno, con la disattenzione della politica regionale sarda, traguardando il mercato americano e che voglio utilizzare a pieno titolo la denominazione “Romano”, assegnata in via esclusiva sin dal 1951 al pecorino.  C’è un tentativo, quello di acquisire il marchio «cacio romano», vietato sotto ogni punto di vista! Un Ministro competente avrebbe detto: è vietato e avrebbe rigettato l’istanza sul nascere. E’ fin troppo evidente che tutto questo sta avvenendo nel silenzio più assoluto, con la complicità anche di qualche interlocutore sardo che, per tutelare rendite di posizione, accetta quello che sarebbe un colpo letale alla storia, all’economia e alle tradizioni di un prodotto che ha in Sardegna il 95 % della produzione. Dopo l’imbroglio dei cento milioni di soldi vecchi, il ridicolo stanziamento di 3 milioni per il rinnovo del parco ovino della Sardegna, l’impegno inutile e irrisorio ad acquistare il 5% delle eccedenze di pecorino romano, il ministro, dunque, si prepara a dare il colpo finale al sistema economico agropastorale della Sardegna. Per questa ragione – ha concluso Pili - occorre reagire senza perdere altro tempo per contrastare lobby e connivenze che rischiano di schiacciare il comparto produttivo più importante della Sardegna”

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